TRA FREUD E BENJAMIN. Appunti per una psicoanalisi critica
di Adriano Voltolin
Nello scoprire, anzi, nell’analisi del piccolo
momento singolo il cristallo dell’accadere
totale (Benjamin I “passages” di Parigi)
Premessa
Il viraggio della clinica psicoanalitica kleiniana e lacaniana verso l’approfondimento di questioni riguardanti gli stati primari della mente, la nascita del pensiero e l’esistenza del soggetto come tale, segna uno spartiacque importante tra una concezione del lavoro psicoanalitico inteso come attività che ha per scopo la guarigione da un disturbo – concezione questa preponderante nella psicoanalisi statunitense e che riscontra adesioni crescenti in molte società psicoanalitiche – ed una che invece guarda al lavoro in analisi come un progressivo avvicinamento all’incandescenza del vero, “sei questo” e all’abisso del buco che sta al posto dell’origine.
La psicoanalisi è, nella lezione di Freud, un illuminismo in quanto rischiara il profilo del vero, ma è anche una critica radicale della ragione calcolante che si pone come potenziale strumento di risoluzione dei conflitti. Per citare Freud stesso si potrebbe affermare che il lavoro psicoanalitico consente il passaggio da una sofferenza configurata sulla malattia ad una sofferenza umana.