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Lettura futura

letteredi Armando De Vidovich

Seminario Prestare attenzione all’attenzione

Premessa

C’è una interessante osservazione di Carr ripresa durante il seminario SPC di Paolo Vignola del 26 gennaio 2013:

Quello che stiamo sperimentando è, in senso metaforico, un’inversione di tendenza del percorso iniziale della civiltà: da coltivatori di conoscenza personale ci stiamo evolvendo in cacciatori e raccoglitori nella foresta elettronica dei dati.

Se viene assunta in senso reale e non metaforico, questa osservazione apre una attraente prospettiva di esame di quella evoluzione della scrittura e della lettura che con Internet sta prendendo la piega preoccupante esplorata nel corso del seminario.

Prendendosi la libertà di scavare la storia con la ruspa, si possono isolare alcune utili considerazioni relative a quel “percorso iniziale della civiltà”.

La rivoluzione agricola

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L’uomo si trasformò da cacciatore nomade di prede migranti in coltivatore stanziale di risorse del territorio durante la cosiddetta “rivoluzione agricola” (o “neolitica”), iniziata circa 12.000 anni fa e sviluppatasi nel corso di diversi millenni. Nel farlo apprese e perfezionò una serie impressionante di tecniche indispensabili fra le quali la coltivazione del suolo, la domesticazione di animali, la cottura di manufatti in argilla, la costruzione di abitazioni, la fusione dei metalli, l’invenzione di utensili sempre più specializzati ed efficienti (comprese le armi) e di mezzi di trasporto: un complesso di culture cui la scrittura – fra le ultime in ordine di tempo – diede un assetto stabile e un potenziale di sviluppo che le tecniche da sole non avrebbero forse raggiunto. Con una suggestiva sintesi si dice che le città e la scrittura nacquero insieme e si svilupparono parallelamente; la scrittura non fu all’origine un mezzo di informazione, ma, anche in forma di matematica e di geometria, un perfezionato strumento organizzativo delle collettività di cui veniva definendo le indispensabili istituzioni: la spartizione degli spazi e dei relativi ruoli (in particolare quelli destinati al riti funebri e alle funzioni sacre), la definizione di norme, la divisione dei poteri, il sistema di conteggi delle quantità di beni prodotte e scambiate, e così via.

Nelle sue diverse forme di sviluppo – dai pittogrammi, ai geroglifici, agli ideogrammi, ai caratteri cuneiformi, ai lineari A e B fino ai fonemi alfabetici – prima di generare testi, la scrittura produsse sistemi di aggregazione e di relazione, nuclei di riconoscimento degli individui in un insieme sociale. Quando, intorno a tre -quattromila anni fa, dopo un percorso che si era protratto per almeno duemila anni, divenne un sistema a sé stante in grado di descrivere gli eventi conservando la parola di chi li narrava, l’organizzazione delle popolazioni aveva raggiunto un grado di sviluppo che avrebbe mantenuto sostanzialmente inalterato per moti altri secoli.

Allora la scrittura era una risorsa riservata a una minoranza e tale rimase per duemila anni circa fino a metà del secondo millennio della cosiddetta nostra era. Un po’ più di cinquecento anni fa accadde infatti qualcosa – l’invenzione della stampa – che innescò una seconda fondamentale rivoluzione.

La rivoluzione industriale

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L’invenzione della stampa a caratteri mobili potenziò la cultura scritta aumentandone esponenzialmente la produttività (numero dei testi) e la diffusione (numero delle copie), tanto da modificare radicalmente l’organizzazione del sapere. In particolare, per accennare solo ad alcuni aspetti funzionali al tema in esame e all’obbiettivo di questa nota:

 

  • le conoscenze tecniche, in passato acquisite prevalentemente mediante apprendistati diretti, vennero diffuse e sempre più migliorate mediante la loro descrizione in forma di trattati e manuali
  • ogni tipo di informazione tecnica o scientifica beneficiò dei vantaggi che vengono dal confronto con altre analoghe provenienti da diversa fonte
  • prese forma il metodo scientifico di indagine della natura, grazie anche a quella particolare forma di scrittura che è la matematica
  • si crearono culture sempre meno universalistiche e sempre più specializzate: decaddero le arti del trivio e del quadrivio e nacquero le Università, dove l’universo del sapere era segmentato in tanti saperi particolari.

Queste trasformazioni confluirono tutte nella “rivoluzione industriale”, innescata quando le conoscenze scientifiche vennero applicate al mondo del lavoro e della utilizzazione delle risorse. Fu la seconda radicale trasformazione della civiltà nel pianeta.

Non diversamente che nella prima, anche in questa seconda la scrittura non fu solo un mezzo di informazione e di diffusione del sapere, ma uno strumento di modificazione dei rapporti col mondo.

Fra la Bibbia di Gutenberg e la macchina a vapore c’è una connessione diretta che non si poteva nemmeno lontanamente immaginare quando il sacro testo venne dato alle stampe. C’era invece tale connessione, ed evidente, fra la macchina a vapore e un alto testo sacro/laico quale l’Encyclopedie, che di quella riorganizzazione del sapere sopra accennata costituisce una mirabile sintesi.

Da rilevare che in questa rivoluzione, non diversamente dalla precedente, l’ informazione fu strettamente connessa alle nuove forme di controllo delle risorse che le rivoluzioni instaurarono: in quella agricola per consolidare la struttura del villaggio/città/stato insediata sul territorio, in quella industriale per avviare l’utilizzazione di nuove forme di energia che si rendevano disponibili.

La differenza fra le due situazioni sta nel diverso rapporto fra la forza impiegata e il prodotto che se ne ricava: la forza lavoro animale e umana per le comunità agricole, l’energia (termica, elettrica, ecc.) delle macchine per la società industrializzata.

In entrambi i casi l’informazione, come condizione indispensabile allo sviluppo degli eventi, trasforma l’uomo cambiando il suo rapporto col mondo: da cacciatore e raccoglitore l’uomo è diventato la prima volta coltivatore, ed è diventato la seconda volta produttore.

La terza rivoluzione

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Un piccolo oggetto – il supporto in legno del carattere mobile da stampa in piombo – aveva innescato il processo che in trecento anni arrivò alla macchina a vapore; un altro piccolo oggetto – il transistor – innescò, cinquecento anni dopo Gutenberg, il processo di una nuova rivoluzione, oggi in pieno corso ma con inquadrature e prospettive non facili da definire.

Chiamarla “rivoluzione informatica” , con riferimento alla tecnologia del computer che si è sviluppata a partire dal transistor, può essere riduttivo e fuorviante.

In realtà la vera nuova trasformazione cominciò ad emergere dal connubio fra informatica e telecomunicazione, quest’ultima già ampiamente sviluppata in una rete connessa a livello planetario (l’unica rete planetaria interamente connessa) quando il computer da macchina da calcolo quale era all’inizio divenne rapidamente strumento organizzativo di ogni genere di dati (non computer ma, alla francese, ordinateur).

La possibilità di sfruttare le velocità di elaborazione del computer per gestire con la maggior efficienza possibile i segnali elettromagnetici su qualsiasi supporto (cavo, fibra, etere) ha aperto spazi smisurati di esercizio, con applicazioni alle quali le comunità si sono assuefatte con impressionante rapidità, ma che immediatamente prima del loro apparire potevano essere immaginate e descritte solo dalla fantascienza: dal bancomat al navigatore satellitare, da Skipe, alla pay TV e così via.

Il web è solo una di tali applicazioni, ancorché base e supporto di numerose altre, madre cioè di tutte le trasformazioni attuali e future.

E’ improprio prendere il web solo come un nuovo medium di scrittura e lettura, assai più ricco, versatile e disponibile di quelli tradizionali; analogamente, improprio sarebbe stato prendere la Bibbia di Gutenberg solo come una copia di minor costo e maggiore diffusione del codice miniato che costituiva l’edizione immediatamente precedente del sacro testo.

Però proprio così fu inteso quel libro allora, e ogni libro per molti secoli. Analogamente, il web viene individuato come il supporto di nuove forme di lettura/scrittura con tutti i rischi connessi all’uso destabilizzante che la loro ricchezza e versatilità comporta. Ma è, questa, una visione molto angusta.

Come era impossibile prevedere la macchina a vapore a partire dalla Bibbia, è assai difficile, se non impossibile, dedurre dalle coordinate odierne un futuro radicalmente diverso che non sia semplicemente l’amplificazione del mirabolante mondo di scoperte e invenzioni aperto dalla Information Technology.

Una tabella sinottica – il massimo affronto che ci si può consentire usando la ruspa per indagare la storia – aiuta a circoscrivere le aree incognite separandole da quelle di più facile prevedibilità.

tabella

Gli eventi prevedibili nel futuro più o meno prossimo – prodotti e attività che è legittimo, anche se non sempre desiderabile, attendere – sono in buona parte giù in corso e si iscrivono quale più quale meno nelle prospettive aperte dalla tecnologie informatiche.

In queste prospettive l’etichetta “informatica” per la rivoluzione in atto è abbastanza corretta. Non

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aiuta però a immaginare gli altri items della rivoluzione.

Ad esempio l’uomo, una volta cacciatore, cosa diventa dopo essere stato prima coltivatore, poi produttore? Facile dire “consumatore”, tipico destino di chi vive in una società una volta agricola, poi industriale e ora terziaria. Sarebbe una posizione peraltro coerente con la minaccia di quella società globalmente controllata dal marketing preconizzata da Stiegler.

Esasperando questa minaccia si può arrivare a immaginare comunità in cui un numero consistente di comportamenti di ogni individuo può essere previsto e, volendo, controllato o indotto. Di fatto, con l’Information Technology da qualsiasi transazione – carte di credito, scontrini di cassa dei supermarket, card di servizio (tessera sanitaria, abbonamento al trasporto pubblico, ecc.) – o da qualsiasi traccia di movimento in rete si possono oggi monitorare e prevedere una serie inesauribile di decisioni di consumo, sia pur senza individuare le generalità di chi le attiva.

In questa prospettiva la telecrazia e la società di controllo descritte da Stiegler e Deleuze sono un esito assai probabile: una rivoluzione telecratica sorretta da una struttura sociale a rete universale dalle maglie molto fitte, è quindi facilmente descrivibile. Un mondo in cui il potere non è esercitato solo la dalla televisione, con la forza captante delle sue immagini e dei suoi condizionamenti, ma da un complesso straordinariamente più forte – e più subdolo – di ogni forma di telecomunicazione, attiva e, soprattutto, passiva.

Cosa farà la scrittura?

Un mondo così è stato spesso descritto dalla fantascienza; va ricordato, per inciso, che la fantascienza è un espediente per descrivere e rendere credibile un futuro senza assumersi le responsabilità di averlo innescato. Michel Butor diceva che è uno sguardo dell’Altro sul nostro pianeta, l’Altro essendo, lacanianamente, quel nostro Alter ego che ci accompagna sempre e che non guardiamo mai negli occhi.

Nella piena libertà del bricoleur si può allora chiedere alla fantascienza qualche spunto per immaginare la funzione della scrittura nella società terziaria. Un buon esempio, uno dei tanti possibili, viene da Isaac Asimov (e da chi se no?).

In Galley slave (Il correttore di bozze), un racconto della serie dei Robots, uno scienziato affermato cerca di screditare la United States Robots and Mechanical Men Corporation per scardinarne il potere; induce un robot, in dotazione all’Università come correttore di bozze, a fare azioni dannose – ad esempio alterare un testo scientifico di imminente pubblicazione – senza che la cosa sia rilevabile, in modo da dimostrare che il robot stesso è uno strumento pericoloso e fuori controllo. L’operazione fallisce, lo scienziato, condannato per truffa, perde ogni credibilità e la US Robots si ritrova più salda di prima. A chi gli chiede ragione di tanta ostilità verso i robot dà questa spiegazione:

Il vostro robot si occupa delle bozze. Ma prima o poi lui o altri robot si assumeranno il compito di scrivere l’originale, cercare le fonti, controllare e ricontrollare i vari brani e magari anche trarre le conclusioni. Che cosa resterà allo studioso? Un’unica cosa: la mera decisione di quali ordini dare di volta in volta al robot! Voglio salvare le generazioni future del mondo degli studi da questo inferno finale (…) Per questo mi sono impegnato per distruggere con qualsiasi mezzo la US Robots.

Come è frequente da sempre nella fantascienza, il clima è quello indotto dal luddismo e dal complesso di Frankenstein. Tuttavia l’esempio citato – come molti altri analoghi – conferma una delle tesi di Carr, ossia che l’informazione non diventa sapere se manca il lavoro creativo che “dà forma” ai diversi dati, ossia li dispone in un ordine particolare diverso dalla mera casuale accumulazione. Non diversamente il lavoro fisico si crea se con un adeguato apporto di energia il moto casuale di molecole viene dotato di un particolare ordine e direzione (il vapore in una turbina, ad esempio).

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E, del resto, la “foresta elettronica dei dati” di cui alla citazione di apertura, in cui l’uomo regredisce a cacciatore e raccoglitore, configura una situazione simile a quella lamentata dallo scienziato di Asimov: un futuro in cui non si avrà altro da fare che prendere qualcosa fatto da altri.

Il mondo sarà allora nelle mani delle macchine o di qualcosa che umano non è.

Coi tempi che corrono non c’è da stupirsi se molte visioni del futuro sono pessimistiche, e, tutto sommato, va bene così: l’ultima volta che la piena fiducia nel progresso tecnico ispirò i futurologi ottimisti – epoca cosiddetta, per intendersi, del Ballo Excelsior – l’indomani scoppiò la prima guerra mondiale.

D’altronde, chi sa quanti uomini di chiesa con in mano la Bibbia di Gutenberg si allarmarono all’idea di quel che poteva succedere se molte persone, fra cui tante non autorizzate, venivano a disporre del sacro testo; e, tutto sommato, ci azzeccavano se si tien conto di cosa accadde quando uno di loro tradusse il testo in tedesco e ne fece lo strumento di una nuova collettività.

Quindi se, con il vantaggio dello sguardo retrospettivo, si sa che con la scrittura una volta è nata la città, un’altra è nata la macchina, nessuno sguardo ci può dire cosa nascerà la prossima volta nella rivoluzione di cui vediamo oggi gli inizi.

Però è molto stimolante – e originale – prendere la lettura/scrittura come vettore di trasformazioni, e non solo come strumento di conoscenza, e farne il fulcro di indagine dei futuri possibili. Aiuta a individuare degli interrogativi e prospettare, senza sbandarsi troppo in fantafantasie, alcune ipotesi alle quali il tempo darà presto una risposta.

Presto: Il tempo durante la prima rivoluzione si misurava in migliaia d’anni, in centinaia durante la seconda.

Oggi, con la terza in corso, si può parlare di decine di anni e accettare scommesse a breve?

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