Le Goff
Le Goff e la scuola delle Annales furono per me una grande e affascinante scoperta, prima di tutto da lettore. Accadde qualche decennio fa e da allora mi accompagnano. Nel tempo, ho imparato a scoprire quanto la loro lezione fosse decisiva non soltanto sul piano della storiografia e dell’analisi sociale, ma anche un indispensabile antidoto alle semplificazioni: una palestra in cui prima di tutto si apprendeva a fare i conti con la complessità.
Sull’importanza del loro lavoro nel rivoluzionare la storiografia, tuttavia, non mi soffermo più di tanto, vorrei invece cercare di riflettere sulle interazioni fra il loro modo di fare ricerca storica e la letteratura.
Le Goff, Braudel, Stone, i maggiori esponenti della scuola, hanno imparato molto dai grandi romanzi storici e a loro volta sono una sfida continua per un narratore che si cimenti anche con la dimensione ampia del romanzo, perché in un certo senso, hanno invaso il campo, ma lo dico in senso altamente positivo: mai invasione fu così felice come questa! Quello che sentiamo pulsare nelle loro indagini, è la vita di una comunità, di un popolo o anche di un individuo emblematico di una certa epoca: come se fossero dei personaggi di un romanzo. Ricordo il fascino che esercitò su di me una semplice frase che Braudel si lascia sfuggire come se niente fosse nel secondo volume de I tempi del mondo. Più o meno la frase suona così: Un uomo del ‘500 avrebbero potuto trascorrere l’intera sua vita in mare comperando merci in un porto e rivendendole in un altro. Nessuno storico avrebbe scritto una frase del genere prima di Le Goff e della sua scuola: sarebbe stata giudicata una bizzarria, un’idea appunto romanzesca e niente di più, senza alcun
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valore scientifico. Eppure essa ci dà la chiave di un epoca: essa ci dice che il mondo delle merci aveva preso a vorticare e insieme a loro si trascinava la vita degli uomini. La lettera di cambio e la circolazione monetaria si allargava e presto un nuovo continente avrebbe attirato a sé uomini, navi merci e soldati. Cosa c’è di più narrativo di questo?
La sfida che si pone al romanziere che si voglia cimentare con la storia è propria questa. Le Goff e i suoi sodali hanno alzato l’asticella, obbligato a una maggiore competenza e complessità. Durante l’intero diciannovesimo secolo, furono i grandi romanzi degni di questo nome (penso a quelli di Balzac, a Victor Hugo e a Tolstoj), a fare storiografia meglio di certi storici troppo attenti alle dinamiche
del potere, alle date e agli avvenimenti. Le Goff si è preso la rivincita e ha indicato una strada; ma ha sfidato i narratori anche sul piano del linguaggio: certe descrizioni, la vivacità con cui egli ci parla dell’uomo medioevale, sono contenute in pagine che non hanno nulla da invidiare al meglio del romanzo storico.
Sarà forse anche per questo che gli autori del secondo ‘900, spaventati dalla concorrenza e invece di accettare la sfida, sono fuggiti dalla storia rifugiandosi in una antichità del tutto inventata (le saghe sull’Egitto piuttosto che sui Maya), oppure si sono rinchiusi dentro una dimensione del tutto psicologica e intimista?