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La storia come vicenda psichica

letteredi Claudio Widmann

Se “la storia siamo noi”, occorrerebbe sapere chi siamo noi per sapere quali siano i protagonisti del processo storico e per comprendere come si sviluppi la trafila degli accadimenti umani.

E’ convinzione psicoanalitica che noi siamo più di quel che sappiamo di essere, che siamo più ampi di ciò che è nella consapevolezza di noi stessi, che siamo attori inconsapevoli di progetti più complessi di quelli che poniamo in essere intenzionalmente. Per Le Goff questo assunto è anche uno stimolante approccio alla storia e, guardata da questa prospettiva, la storia diventa qualcosa di più rispetto a ciò che individui o gruppi razionalmente stabiliscono, coscientemente decidono e intenzionalmente intraprendono.

Gianni Trimarchi ha già rievocato l’incisivo passo di Le Goff, secondo cui il livello della storia

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“sfugge ai soggetti individuali, perché esprime il contenuto impersonale del loro pensiero”. Non è un vero e proprio riconoscimento della psiche collettiva e dei suoi meccanismi superindividuali, ma è la premessa per rileggere gli accadimenti storici in una prospettiva inusitata e, al primo impatto, sconcertante.

Per questa via si può ipotizzare che accadimenti di portata tragica non dipendono solo dalla sconsiderata attività di personaggi nefasti (tra Nerone e Hitler si colloca una trafila interminabile di figure sinistre) e balzi evolutivi di portata storica non sono ascrivibili solo alla genialità di figure speciali (tra Socrate e Sabin si snoda una trafila altrettanto folta di umanità che opera al di sopra di se stessa). Superato il causalismo riduttivo secondo cui il destino dei molti è nelle mani dei pochi, si apre la visione di una collettività avvolta in un clima psichico comune, immersa in mood che – dice Le Goff – è “comune a Cesare e all’ultimo soldato delle sue legioni, a Colombo e al marinaio delle sue caravelle”.

L’autorevolezza accademica e lo sguardo super partes di Le Goff consentono di formulare tranquillamente questa visione potenzialmente audace della storia con la serenità che essa non costituisce legittimazione alcuna e non offre attenuanti a nessuno. Ognuno è chiamato ad assumere la responsabilità di se stesso con tutte le funzioni della coscienza e con tutte le risorse dell’Io, è chiamato a rispondere di sé davanti a se stesso e davanti alla Storia; ma le vicende dell’umanità rimangono più ampie dell’impulso che – in bene e in male – i singoli imprimono sul collettivo.

Le Goff può essere ricordato per molte intuizioni folgoranti e per molte indagini penetranti. Riservare un riferimento particolare alla sua opera Lo sterco del diavolo1 (ed. it. 2010) non significa apprezzare la sua indagine sul denaro più di quelle sull’immaginario o sulla ritualità, sulla regalità o sul corpo; è solo l’occasione per ripercorrere un fenomeno collettivo, la cui ombra si proietta, lunga e talora sinistra, sulla nostra attualità.

Dopo un millennio e mezzo dalla sua invenzione, all’alba del Duecento il denaro gioca un ruolo centrale sulla scena sociale europea; la profonda distinzione sociale non è tra poveri e ricchi, ma tra poveri e potenti. Qualcosa però si appresta a cambiare e a imprimere

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un nuovo corso alla storia non è Carlo Magno con il suo conio aureo e nemmeno il toscano Datini con la sua prima “lettera di credito”; è piuttosto una profonda trasformazione nel clima collettivo. Le Goff pone sullo sfondo della rivoluzione del denaro che sta per attuarsi il diffondersi di alcune inclinazioni tra cui l’affermarsi della mercatura, l’incremento dell’urbanizzazione, un nuovo modo di concepire (e di apprezzare) il guadagno. E’ vero che nel 1284 il re di Francia conferisce il controllo regio (con le garanzie che ne conseguono sulla legalità e correttezza delle transazioni) alle fiere della Champagne, che nel 1257 Alberto Magno predica un “elogio teologico della vita urbana”, che nel 1220 il monaco cistercense Cesario von Heisterbach afferma per la prima volta che un uomo che presta denaro a interesse può salvarsi dalla dannazione eterna. Ma non sono il re di Francia o Alberto Magno o Cesario von Heisterbach a determinare la rivoluzione del denaro.

Il salto qualitativo che il denaro sta per intraprendere non è riconducibile a nessun individuo in particolare; scaturisce dalla collettività nel suo insieme. “Uno, nessuno e centomila” sono manifestazioni diverse e parziali della psiche collettiva.

Interessante è seguire Le Goff nella sua panoramica sulla progressiva importanza del denaro e sulla parallela diffusione della moneta.

Nella sua ricostruzione storica le città sono luogo di produzione di ricchezza e, contemporaneamente, voraci divoratrici di denaro necessario per realizzare fortificazioni, infrastrutture, servizi sociali; il commercio incrementa il fabbisogno di denaro e l’invenzione di nuove monete, di nuovi strumenti finanziari; le opere pie finalizzate alla salvezza dell’anima assorbono denaro in quantità crescente e la sensibilità religiosa erige monumenti sacri sempre più imponenti: la costruzione delle cattedrali costituisce la voce forse più importate nel fabbisogno di denaro da parte della cristianità medievale.

Nel contempo, la guerra da un lato e “un’emergente passione per i beni di lusso” dall’altro costituiscono due sistemi semipermanenti di produzione e circolazione del denaro. Tutto prende a girare attorno al motore immobile del denaro, che diventa strumento operativo e immagine concreta (imago agens) di accrescimento individuale, di dinamismo sociale, di energia psichica che si dispiega con crescente vitalità.

Sempre più rapiti nel vortice del denaro, città e stati procedono per “prove ed errori” a strutturare forme di prelievo fiscale. Il re che tradizionalmente “viveva del suo”, vale a dire dei proventi del regio demanio, ricorre a forme di tassazione estemporanea e a prelievi di emergenza, fintanto che Filippo il Bello inaugura un sistema di tassazione permanente. La Chiesa, accanto al tradizionale sistema fiscale,

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inventa il Purgatorio (formalmente istituito con il Concilio di Avignone del 1274) e procede alla “vendita delle indulgenze”: anni di pene purgatoriali vengono condonati in cambio di denaro, assoluzioni parziali e plenarie vengono compravendute al pari di ogni altra merce. E la morte stessa è occasione per compravendere indulgenze, preghiere per i defunti, sepolture in luoghi sacri. “La morte si monetarizza”, riassume Le Goff.

Anche in questo caso sarebbe riduttivo sostenere che Filippo il Bello o i prelati del concilio di Avignone asservirono la vita civile e l’organizzazione sociale al potere del denaro. Le Goff è risoluto nel riconoscere che la progressiva supremazia del denaro e dell’economia è “incorporata (embedded) nel labirinto delle relazioni sociali”. In prospettiva psicologica si potrebbe dire che nel corso del “lungo XIII secolo” (1260-1340 circa) la psiche collettiva va accentrando attorno al denaro profondi cambiamenti di costume e di concezioni, di valori e di ideali. L’economia ancora “non possiede una specificità autonoma”, di capitalismo ancora non si può propriamente parlare, ma già il denaro esercita un ruolo di “attrattore” psichico analogo a quello dell’attrattore fisico. La sua espressione più immediata ed empirica, “la moneta, diffusa sotto nomi, valori e origini diverse, si impone come un nuovo aspetto dell’esistenza”.

Nella lucida, puntuale ricostruzione di Le Goff il denaro si anticipa per ciò che sarà, in forme sempre più accentuate, nei secoli successivi e in quelli a noi contemporanei: un enorme complesso autonomo della psiche collettiva. Una formazione complessuale che attrae su di sé importi sempre più ingenti di energia psichica, che si muove in maniera sempre più indipendente dalla consapevolezza.

 

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La Società di Psicoanalisi critica promuove lo studio, la ricerca e la formazione nel campo della psicoanalisi di Freud e di coloro che dopo di lui ne hanno continuato l’opera.
Vuole valorizzare gli aspetti teorici e clinici che fanno della psicoanalisi una scienza che indaga le forze psichiche operanti nell’uomo, in quanto singolo individuo e negli uomini, nelle loro aggregazioni sociali.

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  1. Le Goff J. Lo sterco del diavolo. Il denaro nel medioevo Laterza, Bari 2010 []