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Umberto Eco: fra semiologia e mediologia

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letteredi Gianni Trimarchi

La morte di Eco ha lasciato attonita l’intera città: alcune migliaia di milanesi sono state al suo funerale, esprimendo un sentito cordoglio. Si trattava probabilmente di persone che non conoscevano le sue opere più significative, ma avevano per lui una sorta di venerazione, forse a causa degli scritti più popolari, ai quali spesso aveva dedicato un ingegno proteiforme, affrontando le più svariate questioni della vita quotidiana, dalle strategie del complotto ai problemi del dolore fisico, o mettendo in atto grandiose costruzioni fantastiche nei suoi romanzi. In tutti questi casi egli esprimeva il desiderio barocco di stupire, che riferiva ad Aristotele, per il quale la stessa filosofia era “la risposta a un atto di meraviglia”.

Il grande successo sociale del Nostro si verifica nella diffusione delle sue opere:Il nome della rosa fu tradotto in quarantasette lingue e stampato in trenta milioni di copie. Sarebbe però ingiusto parlare di Umberto Eco solo in questi termini.

GIOCARE A MANGIARSI

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ponte

Mariano Bargellini

GIOCARE A MANGIARSI

 

Mercoledì 13 gennaio, ore 18,

presso la Libreria popolare di via Tadino, n.18

L’oralità distruttiva della nostra cultura in un romanzo sintomatico e allegorico:    GIOCARE A MANGIARSI, di Mariano Bargellini (Effigie edizioni).

Conversazione di Adriano Voltolin, psicoanalista, e di Franco Romanò, scrittore. Sarà presente l’autore, che leggerà alcuni brani dall’opera. Ingresso libero.

Di corpi, di versi: l’affollata solitudine di Pier Paolo Pasolini

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 Pubblichiamo di seguito cinque lavori attorno alla figura ed al pensiero di Pier Paolo Pasolini.
In un contributo si prende in esame la sua poesia (Rabissi), in un altro il suo essere romanziere con una concezione originale dello sviluppo della lingua italiana (Romanò), in un altro ancora il suo modo di fare cinema (Trimarchi) ed infine le sue idee sulla società che si andava delineando negli anni settanta del Nocecento (Voltolin) e la ridda di ipotesi sul suo omicidio (Giannuli).
La riflessione qui collettivamente proposta non vuole essere solo un omaggio ad un grande intellettuale ma anche sottolineare l’impostazione critica che percorre tutta la sua opera

letteredi Paolo Rabissi

1) Ginnasio-Liceo Alessandro Manzoni di Milano. L’anno il 1957, o il ’58.

Venivo dalla provincia. Mi sembrò una buona idea quella di entrare un giorno in classe con Ragazzi di vita in mano. Non avevo nell’animo nessuna volontà di provocare un bel nulla, mi sembrava che potesse essere un viatico buono per essere accolto tra i miei coetanei, tutti figli della borghesia buona milanese. La futura classe dirigente, ripeteva il preside. Non era nelle mie prospettive una simile destinazione, in mezzo a loro ero straniero per troppi aspetti. Cercavo accoglienza, tra i compagni di classe di Milano. Non era forse la grande e moderna Milano, la città dove le cose succedevano, la città sempre in anticipo sui tempi? E non era forse quella la scuola dove ci si educava alle umane letture?

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