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IN MORTE DI CLAUDIO MIGLIAVACCA

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Ieri, 5 maggio 2016, Claudio Migliavacca ci ha lasciato.

Claudio aveva chiesto l’associatura a Società di Psicoanalisi Critica in anni relativamente recenti, ma prima di questi era stato collega e amico personale di tanti di noi e fummo tutti assai lieti che avesse propeso per questo passo.

Allievo e collaboratore di Diego Napolitani e di Enzo Morpurgo, fu per molti anni membro di spicco della Società Gruppoanalitico Italiana; fu un sostenitore convinto della scuola relazionale ed avemmo molte discussioni sull’importanza della teoria pulsionale. La centralità che Claudio attribuiva alla relazionalità, noi crediamo che trascendesse la questione puramente teorica e clinica che nel passato fu questione centrale nel dibattito e anche nelle polemiche intorno alla psicoanalisi freudiana. Claudio era arrivato alla psicoanalisi tra la fine degli anni sessanta ed i primi settanta, in un’epoca quindi nella quale la psicoanalisi appariva il modo più serio di assumere un’altra questione che era emersa in quel decennio come dirimente tra chi, nella sinistra e nel suo clima culturale, aveva un concetto dei rapporti tra le persone come subordinato ai conflitti sociali e chi e pensava invece che i rapporti tra le persone fossero parte strutturante, di mediazione, dei rapporti sociali stessi. Claudio era, si può dire, naturalmente, di quest’avviso, come eravamo tutti noi, trentenni di allora. La psicoanalisi era allora un modo per aiutare la gente in difficoltà sul piano interno a vedere più chiaramente la struttura del proprio malessere; Claudio fu sempre, fermamente, di questo avviso. La psicoanalisi era per lui, democratico convinto, in fondo una grande operazione di democrazia interna; vi si dedicava con la generosità personale ed umana che erano un tratto distintivo della sua personalità e con una limpidezza di intenti che era quella del cittadino, più che del militante o, meno ancora, del tecnico.

Claudio ha vissuto intensamente, con le sue mille passioni per la tecnica, l’arte, la natura, la propria vita individuale e sociale. Lascia in noi, insieme al dolore per la perdita di un amico, il conforto di una vicinanza nel modo di essere e di pensare.

SULLA CADUTA DEGLI IDOLI

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letteredi Gianni Trimarchi

La distruzione dell’illusione non produce la verità, ma solo un altro pezzo di ignoranza, un’estensione del nostro spazio vuoto, un aumento del nostro deserto. (F. Nietzsche)

È recente la notizia del comune di Brescello, commissariato per mafia e del titolare di un bar locale, che a sua volta pare abbia dovuto chiudere a causa di ricatti mafiosi. Questo comune, propriamente, non rappresenta una realtà storica precisa,ma è un luogo simulato, un po’ come la casa di Sherlock Holmes a Londra. La ben nota serie di film degli anni cinquanta con Gino Cervi (Peppone) e Fernandel (don Camillo), nonostante l’origine fittizia,induceva però a credere in una mitologia costruttiva, capace di dare un senso allo scontro, anche duro, fra le forze politiche di governo e quelle di opposizione. In questo “falso” c’era molta realtà, capace di creare una compatta coscienza collettiva nell’Italia del miracolo economico. Sappiamo infatti che ogni sistema culturale ha bisogno anzitutto di costruzioni di senso. Come scrive C. Geertz, occorre che “gli stati d’animo e le motivazioni appaiano come assolutamente realistici” anche se sappiamo che in realtà sono costruiti, perché solo in questo modo si può “uscire dall’indeterminatezza”1.

  1. C. Geertz La religione come sistema culturale, in C,. Geertz Interpretazioni di cultura, trad it Bologna, il Mulino 1966 p 141 []

La follia che fa la storia

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anfiteatro

Sabato 9 aprile 2016 – ore 9,30/13,00

Libreria Franco Angeli Bookshop
Piazzetta ribassata davanti al Teatro degli Arcimboldi
(MM5 – Bicocca; Bus 87; tram 7 – fermata Arcimboldi)
Ingresso libero

La follia che fa la storia

Paranoia di massa nella storia e paranoie a proposito dei media

Luigi Zoja, Gianni Trimarchi

Conduce il dibattito Adriano Voltolin

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