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Società di Psicoanalisi Critica » Antigone e il santo crimine

Antigone e il santo crimine

Written by Adriano Voltolin. Posted in Articoli, homepage

letteredi Adriano Voltolin

 

Nel suo intervento al parlamento europeo dell’ 8 luglio, Alexis Tsipras ricorda un celebre passo dell’Antigone nel quale la figlia di Edipo ricorda che esistono leggi degli dei che vengono prima delle leggi degli uomini e che devono venire sempre rispettate anche se vanno contro le leggi emanate dagli uomini (arroganti, aggiunge Antigone). Tsipras ha usato questa citazione per dire che le leggi della giustizia sociale vengono prima delle leggi dell’economia ed a quelle, prima che a queste, dovrebbero richiamarsi dei governanti che hanno a cuore il bene comune.
In Psicologia delle masse e analisi dell’Io Freud indica la nascita del sentimento di eguaglianza e poi di giustizia sociale nel timore dei fratelli per la punizione che verrebbe dal padre qualora qualcuno di loro pretendesse dei privilegi o dei vantaggi a discapito degli altri. Nella tragedia di Sofocle, Antigone dice che seppellirà il corpo di Polinice così nessuno dirà che l’ho tradito e aggiunge che sarebbe insopportabile il dolore di aver lasciato insepolto il corpo di un figlio di mia madre.
Antigone mostra con chiarezza il quadro mentale illustrato da Freud: l’ingiustizia operata su un fratello è imperdonabile perché si verrebbe colpiti dall’ira degli dei (il padre), le cui leggi vengono prima delle leggi scritte. La legge non scritta è la legge del padre e non è scritta in quanto è solo nel quadro stabilito da essa che lo stesso concetto di legge (e naturalmente le leggi positive) può venire concepito. E’ questo un concetto che si pone agli antipodi del diritto naturale; la legge del padre non è affatto naturale, ma è anzi squisitamente sociale in quanto non proviene da una supposta dotazione innata degli individui. Se il sentimento di equità e di giustizia ha a suo fondamento la legge del padre, alla base di esso non vi è un’immediatezza naturale, ma una mediazione sociale. La giustizia sociale può attuarsi solo in una comunità e non prima e al di fuori di essa. Prima delle leggi, di qualsiasi legge, vi è solo uno stato nel quale le pulsioni appropriative prevalgono: lo stato di natura non garantisce alcuna eguaglianza.
Se l’Unione Europea non riesce a concepire la fondatezza del discorso di Tsipras, non è perché fa prevalere le leggi degli uomini su quelle degli dei, ma perché non vi è alcuna legge, ma solo una situazione per la quale, come dice Antigone in un altro celebre passo, il rispetto delle leggi degli dei diviene un santo crimine e chi lo persegue come qualcuno che vede la pazzia di chi mi accusa di essere una pazza.
Creonte, da uomo arrogante, è disposto ad onorare chi onora lui e le sue leggi (io onorerò chi è devoto a questa città, da vivo e da morto). Questa regola appare a Creonte come una legge giusta piuttosto che come un riconoscimento narcisistico: si rende onore a qualcuno se questo qualcuno condivide il tuo pensiero ed i tuoi modelli. La giustizia si applica agli amici.

Nel nostro mondo contemporaneo nel quale le letture appaiono pericolose (Truffaut nel suo geniale film del 1966, Fahrenheit 451, non poteva immaginare che la playstation avrebbe distrutto i libri meglio del fuoco) ed il pensiero si dimostra più pericoloso di un nemico come ebbe a dire Bertrand Russel, il presidente del parlamento europeo Martin Schulz ha dato, nel suo intervento sul discorso di Tsipras, immediata e chiara prova di questo. Si è dichiarato pronto a sostenere un intervento umanitario per la Grecia, immaginando evidentemente che l’umanità sia una categoria dello spirito innata e priva comunque di connotazioni sociali. Un intervento umanitario, pare credere Schulz, va al di la della politica e dello stesso concetto di giustizia. E’ cioè la carità nel senso deteriore di chi allunga qualche spicciolo al pezzente fuori dalla chiesa la domenica; niente a che vedere naturalmente con San Tommaso d’Aquino, un pericoloso estremista che sproloquiava anch’esso di leggi di Cristo, quindi degli dei. L’umanitarismo nel senso filisteo di Schulz è ciò che consente al borghese di ottenere indulgenza attraverso la donazione di un’infinitesima parte del suo avere ai poveri. Naturalmente questi poveri non possono nulla chiedere e tanto meno pretendere perché così facendo si dimostrerebbero non più poveri e pentiti per le dissolutezze che li hanno resi tali, ma chiederebbero una giustizia assurda a chi non solo è giusto in quanto onora i propri simili, ma che ha operosamente risparmiato nichelino su nichelino per poter godere i sudati frutti del proprio lavoro.
Ma di umanitarismo non chiacchiera solo Schulz: nei giorni scorsi i giornali davano grande risalto al fatto che l’Università di Milano avrebbe istituito una cattedra di umanità a medicina per istruire i futuri medici sul rapporto tra medico e paziente. Questa iniziativa pone non pochi problemi d’ordine etico ed epistemico. Umanità è una categoria dello spirito (tutti, in fondo al cuore, siamo umani) o della zoologia? E se una cattedra di umanità viene istituita ora per allenare i medici ad avere a che fare con pazienti umani, finora a chi hanno rivolto le proprie cure?

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Adriano Voltolin

Adriano Voltolin, psicoterapeuta, psicoanalista, è Presidente della Società di Psicoanalisi Critica, Direttore scientifico dell’Istituto di Psicoterapia Psicoanalitica di Sesto San Giovanni (Milano) e Direttore della Rivista “Costruzioni psicoanalitiche”. E’ docente presso il Corso di Teoria Critica della Società presso l’Università di Milano-Bicocca. E’ autore di numerose pubblicazioni sulla teoria e la clinica psicoanalitica.
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